Archivio per la categoria ‘Tobin Tax’

L’introduzione della Tobin Tax che in Italia entrerà in vigore in due tempi, il 1° marzo 2013 sugli scambi azionari, il 1° luglio 2013 sui titoli partecipativi (derivati compresi), sembra pensata appositamente per gettare una bella manciata di sabbia nel motore di Piazza Affari. Saranno esenti i titoli di società sotto i 500 milioni di capitalizzazione, che valgono comunque solo il 5% degli scambi. Il decreto attuativo sarà pubblicato il 31 gennaio, e a quella data potremo chiarire molti dei dubbi che permangono su alcuni dettagli della normativa, ma è palese che la versione italiota della TT è assai diversa rispetto allo spirito originario per cui venne pensata dal premio Nobel per l’economia James Tobin. Nel 1972, quando per la prima volta venne proposta, la tassa aveva l’obiettivo primario di colpire le transazioni a breve termine sui mercati valutari con lo scopo di stabilizzarli in un’epoca in cui non esistevano ancora gli strumenti derivati, e l’obiettivo supplementare di garantire entrate da destinare alla comunità internazionale. Nello stesso anno 1972, dopo lo scandalo Watergate in cui affondò l’amministrazione Nixon, e poco dopo che il Presidente aveva ritirato gli USA dal sistema di Bretton Woods, Tobin suggerì un sistema per assicurare la stabilità valutaria internazionale, un sistema che avrebbe incluso una tassa internazionale sulle transazioni in valuta straniera. Tobin ricevette il Premio Nobel per l’economia nel 1981, e il suo nome rimase legato per sempre a questa proposta.
Nel caso italiano gli obiettivi sono completamente diversi: la Tobin tax dovrebbe generare un ulteriore gettito fiscale e scoraggiare il trading “speculativo” considerato come una specie di attività demoniaca e giudicato da molti come uno dei principali colpevoli della crisi finanziaria. Peccato che Francia e Germania non abbiano alcuna intenzione di introdurla. Senza contare che la Svezia, che già introdusse la Tobin nel 1984, dopo aver visto un crollo del 75% negli scambi azionari a fronte di un gettito irrisorio per le casse dello Stato, decise di abolirla definitivamente nel 1992.
Quello che è certo è che i grossi investitori internazionali, se saranno ancora interessati a pescare nello stagno di Piazza Affari piuttosto che altrove, troveranno il modo di aggirare questa tassa. Nel frattempo il mercato azionario inteso come strumento di raccolta di credito per le imprese subirà un duro colpo che andrà a detrimento anche dell’economia reale del nostro paese. Niente male come mossa, per un governo di “tecnici” e di “economisti”.

Tobin Tax versus Governo Monti

Pubblicato: ottobre 25, 2012 da TrandingTraderWarrior in Tobin Tax

Se ne parla molto in questi giorni.
L’esperienza della Svizzera evidentemente non ha insegnato nulla. O meglio, ha insegnato eccome. Ma in campagna elettorale si fanno mille idiozie pur di compiacere certe branche di elettorato. A quali elezioni ci riferiamo è scontato: Merkel.
La cosa sorprendente è che un governo tecnico come quello in carica in Italia, composto da esperti di economia e finanza, abbia sottovalutato l’indebolimento della base imponibili al punto da fare almeno parzialmente dietro front (potrebbero ridurre l’aliquota sull’azionario).

La Tobin dovrebbe impedire o arginare la “speculazione” ossia quei fenomeni legati all’operatività di Hedge Funds e HFT. Ma nessuno di essi viene minimamente sfiorato: è possibile che proprio il Governo Monti sia stato così inetto nel formulare la Tobin ? Sì. È possibile.

Come dimostrato, chi risente maggiormente della Tobin, sono i piccoli imprenditori che vendono all’estero e hanno a che fare con il cambio. Per proteggersi dalle fluttuazioni della valuta, ricorrono ai prodotti finanziari che operano sui derivati. Ma la tassa sui derivati, introdotta per contrastare i “cattivi”, la paga in questo caso l’imprenditore buono. Quindi, gli “speculatori”, ringraziano. Non solo: gli Hft giocano sull’annullamento dell’immissione di ordini. La Tobin si paga sugli eseguiti, quindi gli Hft sono esentati. A maggior ragione, poi, se l’intraday verrà escluso dall’ambito di applicazione della Tobin. Manca poi il riferimento al principio di residenza in Italia dell’intermediario: un dettaglio imperdonabile. Viene da pensare male, e cioè che sia stato dimenticato di proposito. Infatti è logico supporre un trasferimento di operatività (a Londra ad esempio) da parte dei residenti in Italia in quanto, come residenti, pagherebbero anche su un broker estero, ma avendo come intermediario un residente all’estero, non pagherebbero affatto – non la Tobin.

Riassumendo: in attesa che il testo definitivo assuma i connotati di un dispositivo intelligente, nonché coerente con i propositi, auspichiamo un’aliquota differenziata tra azionario e derivati, nonché inferiore ai valori attuali, e un metodo di applicazione completamente diverso e comunque non lesivo di chi opera sui mercati rispettando le regole. Detto per inciso: quelli degli Hft non sono investimenti aggressivi, sono aggiotaggio. Un reato definito dal codice penale. Rispetto al quale il termine speculazione è più che adeguato. Essere più bravi degli altri in Borsa è una cosa, e la speculazione non c’entra; ma l’articolo 501 del  codice penale con la speculazione c’entra eccome, e si spera, come è attualmente al vaglio, una tassa sull’annullamento ipercinetico delle operazioni “troppo” veloci. Alla faccia degli Hft.

“Fiscal cliff”, alla lettera “dirupo fiscale”, è l’espressione coniata dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke per indicare il baratro di fronte al quale si verrebbe a trovare l’economia USA se il 1° gennaio del 2013 dovessero entrare in vigore contemporaneamente gli aumenti delle tasse e i tagli alla spesa pubblica, in mancanza di un accordo tra repubblicani e democratici sulla riduzione del deficit federale. Un argomento che nessuno dei due candidati alla presidenza ha approfondito durante la campagna in vista delle elezioni del 6 novembre. L’argomento viene discusso in questo articolo apparso su moneynews.com che inizia riportando la recente dichiarazione di Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan Chase: “Farò tutte le pressioni necessarie perché si arrivi il più presto possibile a un accordo bipartisan“.

Se la Tobin Tax entrasse in vigore il 1°gennaio 2013 in Italia, il suo impatto potrebbe essere devastante: riduzione del 30% delle compravendite azionarie e ulteriore riduzione dell’80% per i prodotti derivati. Questo è quanto comunicato nella Relazione Tecnica del disegno di legge sulla stabilità redatta dal governo italiano e diffusa pochi giorni fa dalla stampa. Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, in un ripensamento successivo, ha aggiustato il tiro affermando che il governo è ancora aperto a proposte di modifica. L’argomento viene affrontato in questo articolo apparso su milanofinanza.it Ma siamo sicuri che la Tobin tax avrebbe un effetto anche sugli operatori che fanno uso del trading ad alta frequenza? Senza parlare dei danni alle imprese italiane che fanno impiego dei derivati sui cambi come sistema di protezione dal fattore valuta.

Nel 25esimo anniversario del grande crollo di Wall Street, il celebre lunedì nero del 19 ottobre 1987, sono molti gli articoli di approfondimento apparsi online. Molto utile questo intervento di Barry Ritholtz apparso su economonitor.com che contiene link a documenti video, libri, e analisi sull’argomento scaricabili anche in formato PDF. Un’altra analisi molto interessante è quella pubblicata da businessinsider.com Dalla crisi dei tulipani nell’Olanda del Seicento alla bolla delle “dot com” negli anni Novanta le bolle finanziarie si ripetono con schemi sempre diversi ma con tratti ricorrenti che mettono in evidenza il lato più inquietante, e affascinante al tempo stesso, dei mercati finanziari: la loro instabilità strutturale, volendo usare un ossimoro. Su quest’ultimo tema consigliamo la lettura dell’articolo a quattro mani di Fabrizio Lillo e Stefano Marmi apparso sul sole24ore di venerdì 19.

Anche se il suo mandato come Presidente della Federal Reserve scadrà il 31 gennaio del 2014, qualcuno sta già facendo il “conto alla rovescia” per Ben “Helycopter” Bernanke, mentre oltreoceano infuria il dibattito sull’efficacia, e soprattutto sull’opportunità, del terzo round di “quantative easing”, la politica di stimolo monetario che i detrattori paragonano alla creazione di denaro ottenuta attraverso la stampa di cartamoneta come è tipico degli imperi al tramonto. Il punto della situazione lo fa questo articolo apparso su marketwatch.com corredato di una serie di link a interventi pro e contro la politica monetaria della Fed. Greg Robb, che firma l’articolo, è convinto del fatto che Bernanke non sarà rieletto, indipendentemente da chi sarà il prossimo Presidente degli USA. Da parte sua Romney ha più volte manifestato la sua ostilità nel confronti di Bernanke, fatto piuttosto strano per un candidato targato Wall Street.

I NUMERI DELLA CHIUSURA
Le borse europee chiudono in rosso una giornata nervosa e volatile, con gli investitori preoccupati per il protrarsi della crisi spagnola e per i timori di un rallentamento della crescita globale, aumentati dopo il taglio delle stime da parte del Fondo Monetario Internazionale. Hanno deluso anche le trimestrali diffuse da Jp Morgan e Wells Fargo arrivate nel pomeriggio dagli USA. Maglia nera a Madrid, dove l’indice Ibex cede l’1,06% a 7.652,4 punti. Il Dax di Francoforte perde lo 0,68% a 7.232,49 punti, il Cac 40 di Parigi arretra dello 0,72% a 3.389,08 punti, l’indice Ftse 100 di Londra lascia sul terreno lo 0,62% a 5.793,32 punti, mentre a Piazza Affari l’indice Ftse Mib segna -0,78% a 15.511,94 punti. L’All share perde lo 0,72% e chiude a 16.407 punti. Sul mercato obbligazionario lo spread Btp/bund si assesta a 344 punti base, in rialzo di un punto percentuale. Il petrolio wti cala ancora di mezzo punto percentuale e si porta a 91,5 dollari il barile, l’oro scende a 1.762 dollari l’oncia (-0,5%) smentendo le previsioni di quanti lo vedevano alle stelle dopo l’avvio del QE3 da parte della banca centrale USA. Si indebolisce anche l’euro, che scende poco sopra quota 1,29 sul dollaro.

SPAGNA E GRECIA (E TOBIN TAX?) AZZERANO L’EFFETTO MACRO
Mentre gli analisti si concentrano sui numeri di Grecia e Spagna, sullo sfondo rimane lo spettro della Tobin Tax, la cosiddetta tassa contro gli “speculatori” ideata nel 1972 dall’economista James Tobin, che è stato anche professore di Mario Monti a Yale oltre che premio nobel. Stando a quanto riportato dall’Ecofin di martedì la Tobin tax sarebbe pronta per entrare in vigore, già a partire dal 2013. E’ stato Algirdas Semeta, commissario Ue, ad annunciare il via libera di Italia, Spagna e Slovacchia che si aggiungerà al parere positivo già espresso da 8 governi (Francia, Germania, Austria, Portogallo, Slovenia, Belgio, Grecia ed Estonia). Il totale dei Paesi a favore della tassa sulle transazioni finanziarie sale, quindi, a quota 11, il numero sufficiente per avviare l’iter di approvazione del provvedimento tramite la cooperazione rafforzata. I timori degli investitori, nell’immediato, sono ancora focalizzati sui problemi di Spagna e Grecia. Ieri l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha tagliato il giudizio sul debito di Madrid, mentre il numero uno del Fmi, Christine Lagarde, ha affermato che è necessario concedere ad Atene due anni in più per centrare gli obiettivi di deficit di bilancio. Come dichiarato dal cancelliere tedesco Angela Merkel, i leader europei attendono il rapporto della Troika per procedere con la nuova tranche di aiuti. Nel pomeriggio di oggi non c’è stato verso di raddrizzare la situazione, nonostante i dati macro confortanti arrivati da oltreoceano: la fiducia dei consumatori statunitensi di settembre, calcolata dall’Università del Michigan, ha raggiunto 83,1 punti superando le attese ferme a 78 punti. Si tratta del livello più alto registrato dal settembre 2007. Nel frattempo oggi sono arrivati i dati del trimestre di due colossi bancari USA. JP Morgan: l’utile per azione si attesta a 1,4 dollari, sopra gli 1,2 dollari previsti dagli analisti. Il risultato netto è stato pari a 5,7 miliardi di dollari, ricavi a 25,9 miliardi. Wells Fargo: l’utile netto è salito a 4,94 miliardi di dollari da 4,06 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente, meglio del previsto. I ricavi sono saliti dell’8% a 21,2 miliardi di dollari. Secondo Bloomberg il mercato non ha gradito la contrazione del margine di interesse.

I NUMERI DI PIAZZA AFFARI
Maglia rosa del listino principale, oggi è STM che chiude la seduta con un balzo del 6,50% a 4,686 euro. A incendiare il titolo, che in intraday è arrivato a guadagnare persino il 14%, sono state le indiscrezioni riportate da Bloomberg, secondo cui la società avrebbe intenzione di attuare una divisione delle business unit per arrivare alla vendita del business dei semiconduttori per i telefoni cellulari. La società ha però smentita l’esistenza di iniziative che potrebbero compromettere l’unità della compagnia. Sull’estremo opposto oggi Saipem ha messo a segno uno scivolone del 5,36% chiudendo a 35,21 euro, a causa del downgrade di Nomura su cui abbiamo scritto nel report precedente. Debole Eni (-0,80% a 17,32 euro) nonostante i buoni giudizi degli analisti all’indomani del seminario upstream. Fiat ha lasciato sul parterre l’1,96% a 4,298 euro ma, secondo quanto riportato da Bloomberg, avrebbe trovato un accordo per la costruzione di uno stabilimento in Russia. In rosso anche la holding della galassia Agnelli Exor, che cede il 2,4& e chiude a 20,3 euro. Vendite consistenti sui titoli bancari: Popolare di Milano il 2,07% a 0,426 euro, Unicredit l’1,43% a 3,452 euro, Banco Popolare lo 0,40% a 1,236 euro, MontePaschi lo 0,79% a 0,225 euro, Intesa SanPaolo lo 0,63% a 1,27 euro. Mediaset ha guadagnato il 2,35%. La speculazione sul titolo si e’ riaccesa con i rumors sul possibile ingresso di nuovi partner, russi o arabi, nel capitale del Milan. Il magnate russo Deripaska ha smentito la notizia.