“Nei mercati europei è un disastro totale, e noi ne siamo l’eco”. Questa la sintesi della giornata nelle dichiarazioni di Brian Battle, di Performance Trust Capital Partners, a Chicago. “Il problema è più grande e più difficile da gestire di quanto non fosse nel 2008”, aggiunge il dealer. In una giornata scarna di dati macroeconomici significativi i riflettori sono rimasti puntati tutto il giorno su Grecia e Spagna. Dopo Valencia, anche la regione spagnola di Murcia dovrà ricorrere a un programma di aiuti governativi per tenere a galla le sue finanze. Secondo la stampa iberica pare che una mezza dozzina di amministrazioni sia pronta a seguire l’esempio delle due regioni. Quanto alla Grecia, i timori sulla stabilità del suo debito sono tornati alla ribalta dopo che a fine settimana il settimanale tedesco “Der Spiegel” ha scritto il Fondo Monetario Internazionale avrebbe informato l’Ue di non voler partecipare a eventuali nuovi pacchetti di aiuto alla Grecia. Secondo il settimanale, la Grecia potrebbe andare in bancarotta già a settembre e di conseguenza uscire dall’euro. Domani ad Atene arriveranno gli ispettori internazionali per chiedere ulteriori tagli di spesa dopo la macelleria sociale già perpetrata nel primo semestre dell’anno. A rendere ancora più drammatica la situazione concorrono i timori di rallentamento dell’economia cinese, resi pubblici da Song Guoquing, membro del comitato di politica monetaria della Banca Popolare Cinese. Il funzionario ha affermato di aspettarsi per il terzo trimestre un rallentamento della crescita al 7,4% (sotto la soglia critica dell’8%). Da oltreoceano lo strategist Nicholas Colas non ha dubbi: arriverà il momento in cui la Bce sorprenderà tutti tagliando i tassi in maniera aggressiva e acquistando titoli del debito sovrano sul mercato, nello stile della Federal Reserve. Lo scenario di una Bce che attua il quantitative easing ci pare prossimo alla fantascienza, ma l’intervento di Colas merita di essere letto con attenzione (vai all’intervento pubblicato da marketwatch.com).
Le tensioni sono state altissime anche sul fronte dei differenziali, con lo spread Btp/Bund che ha visto un massimo a 529,8 punti base, il livello più alto dall’11 gennaio scorso (531,8 pb) dai 501 della chiusura di venerdì, mentre stasera ha chiuso in area 516 punti base. Parallelamente è salito il rendimento sul decennale italiano, che ha visto un massimo a 6,433%, il livello più alto dal 18 gennaio scorso, dal 6,16% di venerdì: in serata si assesta a 6,34%. “La situazione sull’obbligazionario è di nuovo critica”, afferma un investitore che guarda con preoccupazione alle aste in arrivo in Italia nei prossimi giorni. “La curva dei rendimenti dei titoli spagnoli è quasi piatta e quella sui Btp si sta anch’essa appiattendo sempre più”. Il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, incontrerà domani a Berlino il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble.
Oggi in Europa le borse hanno chiuso in ordine sparso: a indossare la maglia nera stavolta è Francoforte, dove il Dax perde il 3,18% a 6.419,33 punti. Nel mirino dei ribassisti Commerzbank (-5,46%) e Munich Re (-4,47%). A Parigiil Cac 40 è sceso del 2,89% a 3.101,53 punti, con Bnp Paribas a -5,05% e SocGen a -4,12%, entrambe pagano la loro esposizione nei confronti del debito greco. Arretra infine del 2,09% il Ftse 100 di Londra, a 5.533,87 punti, con Barclays, la banca dei galantuomini anglosassoni protagonista dello scandalo Libor, che lascia sul terreno il 4,74%. Alla fine chi registra le perdite minori è proprio Madrid, dove l’indice Ibex cede l’1,1% a 6.177,4 punti, con alcuni bancari in territorio positivo +1,39%, Santander +1,89%, Bankia addirittura +8,41%.
A Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha chiuso con un ribasso del 2,76% a 12.706 punti. A dettare il ritmo al listino, ancora una volta, i titoli del comparto bancario che nel pomeriggio erano arrivati a cedere anche 9 punti percentuali. Nell’intraday l’indice Ftse Mib ha segnato un minimo a 12.388 punti, ad un soffio dai minimi storici del mitico 9 marzo del 2009 a 12.332 punti. Difficile dire se ci sarà un’inversione di tendenza o l’ennesimo rimbalzo del gatto morto prima di ulteriori affondi nell’abisso. Oltre all’indice Ftse Mib anche parecchi titoli del paniere hanno toccato livelli che non si vedevano da anni: Enel, Montepaschi, Telecom Italia che nel corso della seduta è scivolata al minimo di 0,6155 euro, valore che risale al lontano 1997. L’AllShare è arretrato del 2,92% e il MidCap del 2,96%. Volumi per un controvalore di circa 1,84 miliardi di euro. Il patetico ripensamento della Consob, che ha vietato le vendite allo scoperto di titoli finanziari come nell’estate 2011, si commenta da solo.
E’ tra i titoli del comparto bancario che oggi si trova la maglia rosa del listino, unica a chiudere in positivo nel paniere principale: si tratta di Monte dei Paschi (+4,01% a 0,1636 euro). Segno meno diffuso per gli altri bancari: Unicredit ha ridotto le perdite a un -0,16% a 2,432 euro, Popolare di Milano -1,21% a 0,319 euro, Banco Popolare -1,85% a 0,849 euro, Intesa SanPaolo -l’1,76% a 0,921 euro. Giù anche Lottomatica (-1,47% a 15,41 euro) ma Nomura ha confermato la raccomandazione buy alzando il target price a 18,1 euro dal precedente 17,4 euro. Maglia nera del listino A2a che crolla di oltre il 6% a 0,3118 euro. Vanno male in genere gli industriali: Pirelli cede il 5,23% a 6,975, Diasorin sospesa più volte per eccesso di ribasso, affonda a 20,80 euro (-5,23%), Fiat perde il 4,4% a 3,832 euro.
Alle 18.30 ora italiana il petrolio wti quota 88,9 dollari il barile in ribasso del 3%, l’oro staziona a 1.577 dollari l’oncia, l’euro viene scambiato contro dollaro a 1,21 in rialzo rispetto ai minimi di oggi a 1,2074. I tre indici di Wall Steet contagiati dall’inferno europeo sono in territorio negativo, si evidenzia il -1,85% del Nasdaq a 2.870 punti. Torna a far parlare di sè anche il famigerato “indice della paura”, il Vix che oggi è schizzato a 18,9 punti con una impennata superiore ai 15 punti percentuali.