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L’immane massa di liquidità immessa sui mercati dalle banche centrali statunitense e giapponese continua ad avere due effetti strettamente legati tra loro. Da una parte, la corsa degli indici azionari, con il Dow Jones che batte un record dopo l’altro, dall’altra la decorrelazione sempre più stridente tra l’andamento dei corsi azionari e i fondamentali della cosiddetta economia reale. Se gli USA sembrano ormai avviati sulla via della ripresa, nonostante i dati in chiaroscuro che continuano ad arrivare da oltreoceano, l’Europa arranca. E la cosiddetta locomotiva tedesca non sembra fare eccezione. I dati recenti sui prezzi nella zona euro e i numeri di ieri dalla Germania, che mostrano un’inflazione che su base annua è scesa in aprile ai minimi da oltre due anni, sono segnali chiari. E sono anche le ragioni principali per cui molti investitori scomettono su una riduzione dei tassi da parte della Bce nella seduta di giovedì 2 maggio. Resta il fatto che la massa di liquidità pompata dalle banche centrali nel sistema, lungi dal finire in credito alle imprese e alla famiglie, si trasforma in un acceleratore delle attività finanziarie, soprattutto nel mercato dei derivati. E la massa dei derivati in circolazione attualmente, a livello globale, è calcolata per un ammontare corrispondente a nove volte il Pil mondiale. Ricordiamo il monito di Warren Buffett: guai il giorno in cui un granellino di sabbia dovesse inceppare la macchina infernale dei derivati.

IL BTP
A casa nostra la stabilizzazione del quadro politico, dopo due mesi di incertezza post elettorale, ha dato gas al mercato obbligazionario. Sul primario il Tesoro ha collocato ieri in asta Btp a 5 e 10 anni per l’importo massimo previsto di 6 miliardi di euro, con rendimenti calati ai minimi da due anni e mezzo. Sul secondario i Btp hanno chiuso sui massimi la seduta di ieri, con lo spread su Bund a 272 punti base. Ora sono in molti a ritenere possibile – in assenza di nuovi e imprevisti shock – un’ulteriore discesa dello spread.

IL BUND
Poco variati stamani in apertura di seduta i futures Bund, con gli investitori che sembrano aspettare prima di prendere posizioni definite sul mercato obbligazionario, prossimi come siamo alla vigilia del meeting della Bce previsto per giovedì 2 maggio. Del resto il Bund in area 146 è un segnale di rischio da non sottovalutare, e sembra sufficiente la spiegazione di quelli che individuano la causa principale nell’attivismo della Banca centrale giapponese, protagonista di una mega immissione di liquidità da fare impallidire il “quantitative easing” della Federal Reserve.

Ieri ha dominato la prospettiva del varo degli Eurobond, con la fiducia degli investitori che vedevano la linea Hollande prevalere rispetto al cosiddetto “rigore” della Germania. Oggi la prospettiva della dissoluzione dell’euro, con Wall Street che oltre a soffrire per le perdite dei titoli tech fronteggia l’ipotesi di un collasso della moneta unica. Il vertice europeo che si terrà questa sera a Bruxelles sarà centrato sulla Grecia. Funzionari della zona euro si sono detti d’accordo sul fatto che ciascun Paese debba preparare un piano d’emergenza nazionale nell’eventualità che la Grecia decida di lasciare l’Unione monetaria. E in un report dal tono assai duro, la Bundesbank sostiene che l’eventuale uscita della Grecia dall’Eurozona rappresenterebbe un evento grave, ma gestibile (“manageable”), e invita i governi europei a considerare con estrema prudenza l’ipotesi di alleggerire le riforme di austerity chieste ad Atene in cambio degli aiuti. In Europa ribassi diffusi su tutte le borse, con il FtseMib che perde oltre il 3% e scende poco sopra quota 13.000 punti. Lo spread Btp/bund torna sopra i 431 punti base. Come prevedibile sul listino principale sono le banche a soffrire maggiormente: perdite attorno ai 6 punti percentuali per Montepaschi, Popolare di Milano e Popolare E.Romagna. Tra gli industriali profondo rosso per Pirelli e Fiat Industrial, mentre Buzzi perde oltre il 6%. Vanno male anche i petroliferi, con il wti che è tornato a quota 90: Saipem perde oltre il 4% mentre Eni e Tenaris si aggirano attorno il -3%.
A Wall Street L’indice Dow Jones scende dello 0,7%, S&P -0,6%, Nasdaq -1%. Dell, il colosso dei computer, scende del 13% dopo avere previsto ricavi del secondo trimestre inferiori alle attese degli analisti a causa di un indebolimento della spesa per tecnologia delle società Usa ed europee. Intel scende del 3,7%, Microsoft -2,5%, Texas Instruments -1,8%. Facebook rimbalza e sale del 2,9% a 31,92 dollari. Il mercato guarderà ancora a Facebook dopo che fonti hanno riferito che, mentre i manager della società attraversavano gli Usa per promuovere l’Ipo da 16 miliardi di dollari, il gigante dei social network diceva agli analisti di ridurre le stime di ricavi e utili.
Pochi minuti fa una notizia positiva, che comunque non sembra avere grosse ripercussioni. Nel mese di marzo l’indice Fhfa che misura i prezzi delle abitazioni, ha segnato un rialzo dell‘1,8%, in crescita rispetto alla rilevazione precedente che aveva restituito un progresso dello 0,3%. L’indicazione odierna si è rivelata migliore delle previsioni degli analisti che avevano stimato un incremento dello 0,4%.
L’euro è in calo a 1,264 contro il dollaro. Il petrolio Wti precipita a 90,83 dollari il barile, l’oro scende a 1.544 dollari l’oncia, e il cross euro/dollaro si porta a 1,2600.